Eri travolgente con le parole e lo sei con le scritture, nelle quali ancora vivi! Ma quanto grande deve essere la tua sofferenza se ti resta che la Speranza! Certo, la tua virtuosa speranza è totale nel senso che non concede spazio al dubbio che in modo più o meno invadente le ruba spazio negli animi di Fede non robusta come la tua. Convincente la tua utopia, che ci possiamo trovare tutti uniti; allora la Speranza diventerebbe così forte che il Signore Gesù cederebbe all’invocazione di scendere a illuminare la nostra notte. Folgorante il tuo auspicio che la pietra, il grano e l’albero partecipino alla nostra speranza. Ma non possono perché sono innocenti, non hanno mangiato la mela che fa conoscere il Bene e il Male, non sanno della morte e non hanno bisogno di sperare nella resurrezione perché la dimensione divina vive in loro già nel presente. Vorrei capire perché ti indispettisce tanto il Mondo da sognare ad occhi aperti di vederlo incenerito. Perché non accetti la Realtà, perché non ti liberi della nostalgia (dolore) del “cielo di prima” e della “terra di prima”. Perché non vuoi vedere che Egli è qui anche nei “termitai” nei “grattacieli” negli “urli delle sirene” e nelle “selve di ciminiere”? Mi hanno insegnato che l’ottimo è il contrario del buono! C’è del buono anche qui e adesso, perciò fin d’ora “cantiamo” e “amiamo” in attesa dell’”allora” quando lo faremo meglio perché saremo finalmente nell’ottimo. Ad maiorem Dei gloriam! (1 Cor. 10,31)
Ho forse finalmente capito, dopo la lettura di questa “ballata” le parole di Bonhoeffer quando dice che <> è quel Dio che ci lascia soli a vivere la nostra umanità. Anche in questa poesia in fondo si parla dei silenzi dell'attesa.
Grande è qui la nostalgia di Dio che, come tutte le nostalgie, altro non è che la presenza di un'assenza e proprio questo forte desiderio ci può trasformare in uomini e donne liberi, capaci finalmente di capire e apprezzare la profondità di un amore (quello di Dio) che si dà proprio “tacendo l'amore”.
Quando amiamo i nostri figli vogliamo che possano incamminarsi per la propria via, non siamo, o non vogliamo essere né padroni, né tiranni, né abbiamo delle attese specifiche, ma cerchiamo di accogliere (oserei dire con misericordia) anche i loro errori e cerchiamo che il nostro sia un ascolto quanto più prossimo alla pura gratuità.
Dio, in quanto nostro Padre, ci vuole liberi e felici e proprio attraverso il Suo silenzio ci consente di separarci proprio perchè ciascuno di noi possa trovare la misura della propria felicità.
A noi, in quanto figli, cercare la volontà di Dio, a noi decidere se vogliamo fidarci, a noi la supplica di incontrarlo e di accogliere la Sua venuta a noi credere che l'<> (Ap. 21,5) diventi un <>.
Davvero credere è difficilissimo ma se ci riusciamo allora canteremo, allora ameremo, allora allora...
RispondiEliminaLettera aperta a David Maria Turoldo
Eri travolgente con le parole e lo sei con le scritture, nelle quali ancora vivi!
Ma quanto grande deve essere la tua sofferenza se ti resta che la Speranza! Certo, la tua virtuosa speranza è totale nel senso che non concede spazio al dubbio che in modo più o meno invadente le ruba spazio negli animi di Fede non robusta come la tua.
Convincente la tua utopia, che ci possiamo trovare tutti uniti; allora la Speranza diventerebbe così forte che il Signore Gesù cederebbe all’invocazione di scendere a illuminare la nostra notte. Folgorante il tuo auspicio che la pietra, il grano e l’albero partecipino alla nostra speranza. Ma non possono perché sono innocenti, non hanno mangiato la mela che fa conoscere il Bene e il Male, non sanno della morte e non hanno bisogno di sperare nella resurrezione perché la dimensione divina vive in loro già nel presente.
Vorrei capire perché ti indispettisce tanto il Mondo da sognare ad occhi aperti di vederlo incenerito. Perché non accetti la Realtà, perché non ti liberi della nostalgia (dolore) del “cielo di prima” e della “terra di prima”. Perché non vuoi vedere che Egli è qui anche nei “termitai” nei “grattacieli” negli “urli delle sirene” e nelle “selve di ciminiere”?
Mi hanno insegnato che l’ottimo è il contrario del buono! C’è del buono anche qui e adesso, perciò fin d’ora “cantiamo” e “amiamo” in attesa dell’”allora” quando lo faremo meglio perché saremo finalmente nell’ottimo.
Ad maiorem Dei gloriam! (1 Cor. 10,31)
Dario
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Riflessioni
Ho forse finalmente capito, dopo la lettura di questa “ballata” le parole di Bonhoeffer quando dice che <> è quel Dio che ci lascia soli a vivere la nostra umanità.
Anche in questa poesia in fondo si parla dei silenzi dell'attesa.
Grande è qui la nostalgia di Dio che, come tutte le nostalgie, altro non è che la presenza di un'assenza e proprio questo forte desiderio ci può trasformare in uomini e donne liberi, capaci finalmente di capire e apprezzare la profondità di un amore (quello di Dio) che si dà proprio “tacendo l'amore”.
Quando amiamo i nostri figli vogliamo che possano incamminarsi per la propria via, non siamo, o non vogliamo essere né padroni, né tiranni, né abbiamo delle attese specifiche, ma cerchiamo di accogliere (oserei dire con misericordia) anche i loro errori e cerchiamo che il nostro sia un ascolto quanto più prossimo alla pura gratuità.
Dio, in quanto nostro Padre, ci vuole liberi e felici e proprio attraverso il Suo silenzio ci consente di separarci proprio perchè ciascuno di noi possa trovare la misura della propria felicità.
A noi, in quanto figli, cercare la volontà di Dio,
a noi decidere se vogliamo fidarci,
a noi la supplica di incontrarlo e di accogliere la Sua venuta
a noi credere che l'<> (Ap. 21,5) diventi un <>.
Davvero credere è difficilissimo ma se ci riusciamo
allora canteremo,
allora ameremo,
allora allora...
M.C.
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